Pagina revisionata e aggiornata il 20/12/2021

La ricerca di un figlio non è sempre facile e, infatti, pur trattandosi di un passaggio tutt’altro che automatico circa il 20% delle donne con problemi di infertilità deve ricorrere all’ovodonazione per diventare madre, ma di cosa si tratta effettivamente? Scopriamolo insieme.

 

Cos’è l’ovodonazione

L’ovodonazione è una tecnica di fecondazione assistita di tipo eterologo attraverso la quale una donna ricorre agli ovuli di una donatrice per rimanere incinta, di conseguenza valersi di questo trattamento significa mettere al mondo un figlio con un patrimonio genetico di un’altra donna.
Nello specifico la fecondazione eterologa in vitro con ovociti viene presa in considerazione qualora nella donna della coppia sia stata riscontrata una capacità riproduttiva tale da rendere praticamente nulle le possibilità di cominciare o portare a termine una gravidanza, anche attraverso le comuni tecniche di procreazione assistita.
La procedura, intesa di solito come ultima spiaggia per realizzare il desiderio di genitorialità di tante coppie, ha percentuali di successo altissime se paragonata alle altre tecniche di procreazione medicalmente assistita. Una manna dal cielo insomma, anche se frutto della ricerca scientifica!

 

Come funziona l’ovodonazione

Nell’ovodonazione gli ovuli della donatrice vengono fecondati in vitro con il seme del partner maschile della coppia in modo da ottenere gli embrioni da trapiantare nell’utero della ricevente. La donatrice prima del prelievo viene sottoposta a un trattamento di stimolazione ovarica, che consiste nella somministrazione di ormoni, allo scopo di aumentare la produzione di ovociti maturi, mentre la futura mamma deve eseguire una preparazione endometriale, che prevede l’assunzione di estrogeni, per predisporre l’utero ad accogliere gli embrioni. Dopo qualche settimana gli ovuli vengono prelevati dalla donatrice con una procedura chirurgica in anestesia generale, conosciuta come puntura ovarica o follicolare, e immediatamente conservati in laboratorio. Una volta selezionati e recuperati i gameti maturi si procede alla fecondazione in vitro con lo sperma del compagno della ricevente. A questo punto non resta che eseguire il trasferimento degli embrioni nell’utero della donna sottoposta a trattamento e attendere i classici 15 giorni prima di eseguire il test di gravidanza e verificare il buon esito della terapia. In caso di successo la gravidanza seguirà il suo corso naturale esattamente come per ogni altra donna in dolce attesa.

Ad oggi si utilizzano due tecniche in particolare, che sono la fecondazione assistita omologa e la fecondazione assistita eterologa per il conseguimento del risultato legato all’ottenimento della gravidanza: la fecondazione assistita omologa è quel metodo che prevede l’unione artificiale di seme ed ovulo, i quali appartengono entrambi alla coppia; in questo caso, il neonato avrà lo stesso corredo genetico del padre e della madre che si sono avvalsi della fecondazione assistita. La fecondazione assistita eterologa, invece, è quella tecnica tanto discussa, che è stata resa possibile in Italia solo a partire dal 9 aprile 2014, quando la Consulta si è espressa sulla Legge 40/2004 eliminando di fatto il divieto a ricorrere all’uso di gameti esterni alla coppia per avere un figlio.

 

fasi ovodonazione

 

Chi può eseguire l’ovodonazione?

Come già anticipato, l’ovodonazione non è un passaggio automatico per ogni coppia in cerca di un figlio, ma un processo che deve essere avviato soltanto dopo aver eseguito approfonditi esami e aver riscontrato un’impossibilità a concepire diversamente. Ciò detto la procedura di ovodonazione è destinata a chi:

  • non produce ovociti di qualità a causa del passare degli anni o di alcune problematiche come l’endometriosi che colpisce il 10% della popolazione femminile ed è considerata una delle principali cause di infertilità;
  • soffre di menopausa precoce fisiologica o di menopausa chirurgica dovuta all’asportazione di entrambe le ovaie per un tumore o per un altro grave disturbo;
  • viene da ripetuti fallimenti non essendo riuscita a concepire con nessun’altra tecnica di fecondazione assistita;
  • è affetta da malattie genetiche trasmissibili al nascituro come, ad esempio, la fibrosi cistica.

Le donatrici di ovociti

In Italia come all’estero le donatrici di ovuli devono soddisfare alcuni requisiti per potersi sottoporre al trattamento. Nello specifico devono avere un’età compresa tra i 18 e i 35 anni, essere in buona salute psicofisica ed essere immuni da malattie genetiche ereditarie e da patologie infettive trasmissibili al nascituro. Per questo motivo devono sottoporsi a una serie di test medici, genetici e psicologici che in realtà possono rappresentare un’opportunità per la salute della donatrice stessa, che giovandosi di queste consulenze può pianificare le sue future gravidanze, magari sottoponendosi a trattamenti ormonali preventivi o anticipando un’eventuale gravidanza qualora scoprisse, ad esempio, di avere una riserva ovarica ridotta o qualitativamente bassa. Inoltre prima di mettere in atto la procedura di fecondazione assistita con ovodonazione è fondamentale trovare donne compatibili per gruppo sanguigno e alcune caratteristiche fenotipiche quali statura, peso, carnagione e colore degli occhi in modo da assicurare una discreta somiglianza fisica tra il nascituro e la futura mamma e agevolare l’integrazione del bambino nel contesto famigliare. Un altro elemento obbligatorio, poiché vincolato dalla legge, è quello dell’anonimato che rappresenta una garanzia di tutela tanto per la donatrice quanto per il bambino. La ricevente, infatti, potrà acquisire informazioni generiche sulla donna che le ha donato gli ovuli senza scoprirne l’identità.

Una volta garantiti i requisiti necessari per l’ovodonazione, le donatrici vengono sottoposte a un trattamento ormonale per stimolare la produzione di gameti femminili e a una serie di controlli, specialmente ecografici, per assicurarsi che tutto proceda per il meglio. Affinché la procedura vada a buon fine è inoltre necessario sincronizzare il ciclo mestruale della donatrice con quello della ricevente, pertanto entrambe saranno sottoposte a una terapia farmacologica adeguata. Ultimato il trattamento ormonale, che generalmente dura qualche settimana, le donatrici dovranno eseguire il prelievo degli ovuli in day hospital. Nonostante nel nostro Paese come altrove le donatrici seguano tutte lo stesso percorso che termina con una procedura chirurgica vera e propria, anche se mininvasiva, ci sono paesi come la Spagna dove l’altruismo di queste donne viene ben ripagato e altri, come l’Italia, che si limitano invece a un rimborso spese. Ma quali sono le differenze tra l’ovodonazione in Italia e all’estero? Scopriamolo insieme.

 

L’ovodonazione in Italia

In Italia è possibile fare ricorso all’ovodonazione solo dal 2014, anno in cui una sentenza della Corte Costituzionale, anche se con qualche limitazione, ha aperto le porte a questa nuova tecnica di procreazione assistita. Nel nostro Paese la fecondazione in vitro con ovodonazione può essere eseguita, infatti, soltanto da coppie eterosessuali, sposate o conviventi da almeno 2 anni, e con entrambi i partner in vita che abbiano ricevuto una diagnosi di infertilità o sterilità, mentre non è assolutamente garantita alle donne single e alle coppie dello stesso sesso.

In Italia di solito l’ovodonazione può prendere due strade: importare gli ovociti congelati da banche estere, in prevalenza spagnole, oppure vitrificare gli embrioni a distanza. In che modo? Inviando il campione di seme del partner maschile della coppia sottoposta a trattamento al centro estero dove avverrà la fecondazione in vitro con uno o più ovuli donati. Una volta fecondato, l’embrione viaggerà verso i suoi futuri genitori e, dopo essere tornato in patria, verrà trasferito nell’utero della richiedente, precedentemente sottoposta a terapia ormonale per predisporre l’utero ad accogliere l’embrione. Una sorta di donazione di ovuli a distanza per l’appunto. Tutto troppo complicato, vero? Questo accade perché in Italia è difficile reperire gli ovociti a causa del numero esiguo delle donatrici che, a differenza degli altri paesi, non possono ricevere per legge alcun tipo di remunerazione, se non un semplice rimborso spese, per un percorso che in realtà si conclude a tutti gli effetti con un intervento chirurgico. Il tutto è reso ancora più complicato da una vera e propria mancanza della cultura della donazione, probabilmente giustificata dal ritardo legislativo nell’accettazione e nel riconoscimento delle tecniche di fecondazione artificiale eterologa. Per tutti questi motivi sono moltissime le coppie che ancora oggi preferiscono rivolgersi a paesi dalla legislazione più sviluppata in termini di fecondazione assistita per realizzare il sogno di diventare genitori.

Infine, sebbene la domanda sia in crescita, in Italia sono ancora pochissime le giovani donne informate sulla donazione degli ovociti. Per risolvere il problema basterebbe prevedere una campagna di informazione e promozione della donazione volontaria, come promesso dal ministero della salute in tempi non sospetti. Un modo semplice per incoraggiare la donazione di ovociti nel nostro Paese potrebbe essere la formula del “dona e preserva”, già attuata dalla Regione Toscana, che consente a queste donne generose di entrare in un percorso di social egg freezing, garantendo loro la possibilità di congelare gli ovuli per sé e per le altre.

 

L’ovodonazione all’estero

Diversamente dall’Italia in alcuni paesi esteri, come la Spagna, la Grecia e il Belgio, l’ovodonazione è concessa anche alle donne single e alle coppie omosessuali che vogliono soddisfare il loro desiderio di genitorialità.
La Spagna è il paese europeo che registra il maggior numero di trattamenti di fecondazione assistita con ovodonazione. Il merito va attribuito a una legislazione ben sviluppata in materia che non solo tutela chi si sottopone a questo tipo di trattamento ma supporta anche le donatrici ripagando il loro altruismo con un rimborso quantificato tra i 600 e i 1100 euro. Motivo per cui le banche di ovociti spagnole riforniscono di gameti femminili gli ospedali e le cliniche di mezza Europa. Oltre a garantire ottimi standard qualitativi ed elevate probabilità di successo grazie a un numero illimitato di ovociti freschi, gli istituti spagnoli presentano anche il vantaggio di non avere liste di attesa.
Altra meta assai gettonata per quanto riguarda la fecondazione eterologa con ovodonazione è sicuramente la Grecia che registra percentuali di successo leggermente inferiori rispetto alla Spagna e una lista di attesa di almeno 1 o 2 mesi, ma ha costi più contenuti. Bene anche i paesi dell’est Europa con la Repubblica Ceca in testa seguita da Ucraina e Russia, dove la disponibilità di ovuli è piuttosto alta. In tutte le altre nazioni europee, Italia compresa, gli ovociti vengono ceduti per lo più dalle donne sottoposte a fecondazione in vitro, con una percentuale di insuccessi ben più elevata.

 

I costi dell’ovodonazione

Una tecnica di fecondazione assistita come l’ovodonazione è caratterizzata da un insieme complesso di esami e procedure che la rendono, di conseguenza, un trattamento tutt’altro che economico, ancor più in Italia dove la maggior parte dei gameti utilizzati nei centri pubblici e nelle cliniche private arriva congelata da paesi come la Spagna. Ne consegue dunque un aumento dei costi e delle difficoltà con tempi di attesa piuttosto lunghi, tanto che per la maggior parte delle coppie in cerca di un figlio è spesso più conveniente recarsi all’estero.
Sebbene non sia possibile fare una stima precisa dei costi da sostenere per un trattamento di ovodonazione a causa delle tante variabili in gioco, è certo che in Spagna, Grecia e nei paesi dell’est Europa, come Repubblica Ceca, Polonia, Ucraina e Russia, i costi siano più contenuti rispetto a una nazione come l’Italia. Qui da noi la somma da sborsare è infatti più elevata per via della difficoltà di reperimento degli ovuli che, come sappiamo, è dovuta alla quasi assoluta mancanza di donatrici. Tuttavia è bene ricordare, qualora la scelta dovesse ricadere su un centro estero, che i costi del trattamento andranno sommati alle spese di viaggio e soggiorno, pertanto il risparmio potrebbe essere limitato. In conclusione prendendo per buona la cifra di 3 mila euro per l’acquisto di un numero di quattro ovociti importati da banche spagnole, nel nostro Paese il costo per un trattamento di ovodonazione completo è di almeno 5 mila euro, non certo bruscolini!