I limiti della fecondazione assistita
La fecondazione assistita dovrebbe essere una modalità attraverso la quale una coppia, nel pieno delle sue risorse economiche, psicofisiche e sociali, chiede ed ottiene attraverso dei metodi – come la fecondazione eterologa, che prevede l’uso di gameti esterni alla coppia stessa – di concepire un figlio, non riuscendoci attraverso rapporti mirati e consecutivi. Ma ancora oggi, i limiti della fecondazione assistita ci sono e si fanno sentire: scopriamo cosa è accaduto di recente in Francia.
Negato ad una donna l’accesso al seme del marito defunto
In condizioni normali, accade che un uomo ed una donna, dopo essersi sposati o aver deciso di convivere, inizino ad un certo punto della loro vita di coppia a pensare alla possibilità di avere un figlio: ciò rappresenta un modo per dare senso e continuità alla coppia, ed in una gran parte dei casi il bebè arriva in maniera naturale, attraverso rapporti spontanei e mirati.
Quando ciò non succede, la legge prevede il ricorso alla tecnica della procreazione medicalmente assistita, anche se con alcuni limiti del caso: fino al 9 aprile 2014, per esempio, in Italia non era possibile affidarsi alla fecondazione eterologa, cosa che invece è stata resa possibile a partire da quella data, grazie alla sentenza della Corte.
Tuttavia, in alcuni casi il ricorso alla fecondazione assistita è impossibile, o decisamente complicato. È questo il caso di una donna che, rimasta vedova alla giovane età di 30 anni, non può utilizzare il seme del marito per sottoporsi ai cicli di fecondazione assistita post-mortem.
La donna, Mariana Gomez Turri, è rimasta vedova lo scorso luglio: il marito è deceduto all’età di 31 anni, morto di leucemia secondaria, una patologia che lo ha colpito nel 2014 dopo che l’uomo aveva già superato la malattia una prima volta. Prima di sottoporsi alle cure di chemioterapia – molte delle quali, purtroppo, rendono sterili – la coppia aveva scelto di conservare il seme dell’uomo, per poterlo riutilizzare con fecondazione assistita una volta guarito.
Adesso la donna vorrebbe utilizzare quel seme per diventare mamma grazie all’amore di quell’uomo che ha amato e che avrebbe voluto rendere padre, ma la Francia, dove si trova la provetta, le nega questa possibilità anche perché non esiste un consenso informato dell’uomo validato da un notaio.
L’unica speranza della donna risiede in un documento scritto da Nicola, suo marito, in cui l’uomo dichiarava che l’unico suo desiderio era quello di far sì che Mariana, sua moglie, potesse utilizzare la provetta se la leucemia gli fosse stata fatale. Ma, almeno per il momento, il seme congelato di Nicola non può essere utilizzato e la donna ha intrapreso una battaglia legale per rendere possibile la realizzazione del più grande sogno di suo marito.
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