Diagnosi genetica pre-impianto per malattie monogeniche di tipo PGT-M

Cos’è la diagnosi genetica pre-impianto per malattie monogeniche di tipo PGT-M

La procreazione medicalmente assistita rappresenta un’ottima opportunità per tutte quelle coppie che desiderano avere un figlio e che non riescono ad ottenere una gravidanza in modo naturale, mirato e spontaneo, a causa di una diagnosi di infertilità. Ad essa (con le varie tecniche che riguardano, ad esempio, la fecondazione eterologa e quella omologa) si possono associare tecniche e metodi specifici, che hanno lo scopo anche di analizzare il corredo cromosomico dell’embrione o dei gameti, per individuare eventuali malattie o anomalie che possono essere responsabili, ad esempio, di un’interruzione spontanea della gravidanza: queste tecniche prendono il nome di diagnosi genetica pre-impianto, che può essere di diverso tipo a seconda del tipo di patologia o anomalia che va a ricercare.

Quando sottoporsi alla diagnosi genetica pre-impianto per malattie monogeniche di tipo PGT-M

Diagnosi genetica pre-impianto per malattie monogeniche di tipo PGT-M

Diagnosi genetica pre-impianto per malattie monogeniche di tipo PGT-M: cos’è e quando va fatta.

Oggi parliamo, più nello specifico, della diagnosi genetica pre-impianto per malattie monogeniche di tipo PGT-M.

Questa tipologia di diagnosi risulta essere molto utile per quel che riguarda la ricerca di specifiche malattie o patologie di cui i futuri genitori sono affetti oppure portatori: si parla, ad esempio, di malattie come la distrofia muscolare, la talassemia, oppure l’emofilia, tutte patologie invalidanti e molto gravi, che possono essere ricercate proprio per mezzo di questa diagnosi.

Pertanto, va da sé che è consigliato sottoporsi ad essa quando uno o entrambi gli aspiranti genitori (con certificazione di un genetista) siano effettivamente portatori o affetti da una patologia che rientra nell’elenco delle PGT-M e che possono essere trasmessi alla prole: inoltre, è bene sapere che rispetto al 2015 le regole in merito sono cambiate, perché è solo da questo anno che, in seguito ad una sentenza della Corte Costituzionale, la diagnosi è aperta anche alle coppie fertili affette da queste patologie (e non solo quelle infertili).

La procedura viene eseguita partendo da un’analisi specifica sul DNA dei futuri genitori, analizzando in particolare alcuni campioni biologici come sangue, saliva o liquido seminale: in alcune situazioni è possibile che lo studio preliminare debba coinvolgere anche alcuni membri della famiglia. In seguito, gli embrioni ottenuti con PMA (tecnica ICSI) vengono sottoposti a biopsia e viene esaminato il DNA per la verifica dell’eventuale presenza di mutazione: qualora essa sia presente, l’embrione non può essere trasferito.

I costi relativi a questa diagnosi sono variabili a seconda del centro presso il quale si decide di essere seguiti, ed il livello di accuratezza va dal 95% al 98%.

 

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Fecondazione Eterologa Italia

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