PMA e gap tra Regioni: da cosa potrebbe essere superato

PMA e gap tra Regioni: sussistono problemi e difficoltà

Il gap tra le Regioni per quanto riguarda i costi delle prestazioni per la PMA potrebbe essere finalmente superato grazie all’approvazione del cosiddetto “decreto tariffe” che è stato trasmesso il 19 settembre alla Conferenza Stato-Regioni: si tratta di un importante documento all’interno del quale sono fissate in maniera omogenea le tariffe per le singole prestazioni (tra cui, appunto, anche quelle che riguardano la fecondazione assistita) che il Sistema sanitario nazionale è tenuto a rimborsare alle Regioni.

Il documento dovrebbe essere in grado di far superare, almeno in parte, tutti quei problemi che oggi ancora affliggono molte coppie alla ricerca della realizzazione del loro sogno di diventare genitori: mettiamo le mani avanti perché, anche qualora dovesse essere approvato, rimarrebbero comunque molti problemi che potrebbero continuare ad alimentare le tantissime difficoltà che le coppie infertili devono affrontare nel loro percorso contro l’infertilità.

Non solo il “decreto tariffe” per superare il gap tra Regioni nella PMA

PMA e gap tra Regioni

PMA e gap tra Regioni: non è stato ancora superato. Ecco quali sono le difficoltà.

Al di là dell’approvazione del decreto (che comunque limiterebbe i danni, per esempio per le coppie provenienti da quelle Regioni meno organizzate e quindi meno dotate di risorse per sostenerle dal punto di vista economico e strutturale), rimangono comunque molte differenze territoriali per quel che riguarda l’accesso alle prestazioni e, di conseguenza, anche per quel che concerne la difficoltà oggettiva che le coppie si trovano ad affrontare. Gli ultimi dati in merito lo confermano: nell’ultima Relazione al Parlamento sull’applicazione della legge 40/2004, infatti, emerge che nel 2019 la percentuale di nuovi nati per merito della PMA è salita in Regioni come Lombardia e Toscana (si parla del &% e del 7% rispettivamente) ma è scesa in Puglia e Sicilia (rispettivamente, dell’1,5% e del 2%); inoltre, un altro dato che vale la pena di sottolineare è che, sempre nello stesso anno, una percentuale abbastanza importante di cicli di PMA (il 27%) è stata rivolta ai pazienti che provenivano da altre Regioni. Questo evidenzia ancora una volta non solo la difficoltà economica, ma anche il fatto che continuano ad esistere, in un’epoca in cui tutto dovrebbe essere ugualitario, centri di serie A e strutture di serie B, ossia centri più organizzati (e per questo maggiormente dotati di risorse e più efficienti) e strutture che, invece, possono offrire risultati meno sicuri e quindi più inferiori: ed è chiaro che, a parità di risorse, i pazienti si spostano lì dove sia possibile ottenere maggiori probabilità di successo.

Ma c’è un’altra cosa che vale la pena sottolineare: le tempistiche che le coppie sono disposte ad attendere. Infatti, in un centro più organizzato e dotato di maggiori strumenti, tecnologie all’avanguardia, personale medico specializzato, è ovvio che le attese sono minori rispetto a quelle che si prospettano  per i centri meno organizzati. Anche (e soprattutto) perché, mai come nella fecondazione assistita, chi ha tempo non aspetti tempo.

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