Maternità surrogata e utero in affitto: pratiche illegali e ancora negate
E’ particolarmente negativa, e quindi netta, la presa di posizione della Spagna in merito al delicatissimo tema dell’utero in affitto: un argomento sul quale vale la pena di riflettere, dal momento che esso continua ancora oggi a rappresentare in molte nazioni un ruolo fondamentale nella battaglia culturale dei diritti delle donne. La Spagna ha scelto di dire no a questa pratica, che nonostante la presenza di un governo progressista, viene comunque considerata aberrante, anzi del tutto abominevole e continua, quindi, ad essere illegale.
Maternità surrogata e utero in affitto ancora illegali in Italia e Spagna
Maternità surrogata e utero in affitto: ecco cosa emerge dall’opinione pubblica.
Ma qual è stata fino ad oggi la posizione di questa nazione? La pratica dell’utero in affitto è illegale in molte nazioni europee, tra cui la stessa Italia: ad oggi, infatti, né in Spagna né in Italia è possibile accedere a questa pratica, che prevede l’uso (anzi, verrebbe meglio dire lo sfruttamento) della madre surrogata, ai fini del desiderio egoistico di una coppia, i genitori intenzionali, che commissionano alla donna la nascita del bambino e quindi pagano la donna per ottenere la realizzazione di questo desiderio.
Questa pratica è, come abbiamo detto, illegale sia in Spagna che in Italia, e viene sanzionata penalmente con la reclusione a cinque anni di carcere. È pur vero che, però, molto spesso nascono agenzie che tentano di aggirare questo “problema” (sarebbe meglio chiamarlo divieto) e che quindi si occupano di procacciare clienti a questo scopo, aggirando la situazione facendo nascere il bimbo all’estero.
Sono tanti, anche tra personaggi di una certa importanza pubblica, ad aver utilizzato questa pratica: pensiamo ad esempio a Cristiano Ronaldo o, per rimanere sul caso italiano, Nichi Vendola.
Ma fortunatamente, essa rimane ancora considerata dai più una pratica aberrante e sbagliata, con l’opinione pubblica tutta d’accordo nel definire la sua posizione negativa nei confronti di un metodo che viene considerato lesivo dei diritti e della dignità delle donne.
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